Opinione
L'opinione - Liceo Piranesi: ragazzi responsabili!
Aurelio Di Matteo
05 dicembre 2012 16:28
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Credo che sia l’unico caso in Italia di studenti che ricorrono a un’occupazione per protestare non contro il Governo, ma per stigmatizzare l’atteggiamento dei docenti che protestano per difendere i privilegi di un contratto che non ha pari in Europa, che quantifica una funzione e non la qualifica, che esclude ogni forma di valutazione e di monitoraggio dei risultati e degli obiettivi da conseguire e conseguiti. Nello stesso tempo pongono l’accento sulla condizione di crisi in cui sta precipitando un prestigioso Liceo che, avendo già nel precedente anno perduto la presenza in sede di un Dirigente, di sicuro nel prossimo perderà l’Autonomia così faticosamente e meritatamente acquisita. È una protesta in positivo, con motivazioni concrete e senza i soliti e consunti slogan sessantottini, rivolta a chiedere più attività didattica e più docenza formativa, più tempo scuola e più presenza istituzionale. Sta qui il segno meritorio dell’azione intarpresa unanimemente da questi ragazzi, di fronte alla quale i docenti farebbero bene a desistere dalla loro protesta, premiando i loro alunni con maggiori impegno e attività. Mi si dirà: ma come il Governo ha pensato – senza darne seguito! – di aumentare le ore d’insegnamento senza il corrispettivo della retribuzione e noi dovremmo accettarlo? Per intanto non si capisce il motivo per cui i docenti della scuola Primaria, il cui compito è senz’altro tecnicamente e psicologicamente più complesso, abbiano da tempo pacificamente accettato un contratto con 24 ore d’insegnamento settimanale, seppure due di programmazione, oltre agli stessi e forse maggiori altri obblighi dei colleghi delle secondarie. D’altra parte non si comprende quale “grande” sacrificio sarebbe stato chiesto ai docenti della secondaria in un momento di crisi economica per la quale si assiste a massicci licenziamenti e a una crescita esponenziale della disoccupazione soprattutta giovanile, quest’ultima dovuta non solo alla decrescita economica e agli sprechi, ma anche a una formazione non adeguata al mondo del lavoro. Sono ben consapevole che i problemi della scuola siano incancreniti, nonostante le cosiddette riforme introdotte negli ultimi anni, sia dal cacciavite del medico On. Fioroni sia dal pedagogismo adolescenziale dell’apprendistato dell’On. Gelmini. Sono incancreniti perché si ha il reverenziale timore di abbattere alcuni totem ideologici. I docenti, che hanno sempre rifiutato ogni tipo di valutazione, in ingresso e in itinere, sia delle competenze sia della produttività, oggi scendono in piazza e sabotano le attività d’integrazione, peraltro remunerate con costo orario superiore a quello di un qualsiasi altro dipendente di pari livello, pubblico o privato.  Un Ministro, On. Luigi Berlinguer, intellettualmente onesto e lungimirante, dovette cedere il Dicastero perché aveva osato introdurre la valutazione per Dirigenti e per Docenti e una progressione di carriera legata al merito e alla produttività. Anche allora vi fu la sollevazione trasversale della totalità dei Dirigenti e dei Docenti a difesa dell’insindacabilità del merito e della qualità delle prestazioni! La protesta dei docenti sarebbe stata accettabile se fosse stata preceduta dalla richiesta di una formale valutazione della qualità delle loro prestazioni, fatta da un organismo terzo come negli altri Paesi europei; di una selezione e di un reclutamento basati non soltanto sull’anzianità ma su un curriculum documentato; di una retribuzione differenziata in base a località, merito e produttività; della possibilità di licenziamento per insufficienza, demerito o mancato raggiungimento degli standard formativi dell’Istituto e degli alunni. E non s’invochi l’Europa, dove queste condizioni sono costume scontato e posizioni giuridiche acquisite da sempre, unitamente a maggiore prestazione e superiori carichi lavorativi in rapporto agli alunni. Tanto per esemplificare, il confronto andrebbe fatto non solo con le ore d’insegnamento, ma sulla tipologia di contratto e sulla retribuzione oraria. Ci accorgeremmo che in Italia i docenti della secondaria lavorano la metà e sono retribuiti il doppio! La prassi di considerare l’orario di lavoro degli insegnanti principalmente sulla base del numero d’ore d’insegnamento vige in soli due paesi, Belgio e Lussemburgo. Il resto dei paesi europei ha, invece, adottato il concetto di numero complessivo di ore di lavoro, comprensivo di tutte le attività, oltre quelle d’insegnamento in aula. In molti paesi il tempo di presenza a scuola degli insegnanti è specificato nel contratto di lavoro e nei contratti collettivi. In Svezia, sempre per esemplificare, il monte ore complessivo dei docenti è di 1767 ore, di cui 1360 devono essere svolte a scuola; nel Regno Unito agli insegnanti è richiesto di essere a scuola per 1265 ore l’anno, circa 32 ore settimanali che è considerato il monte ore minimo. La divisione tra ore d’insegnamento e non è stabilita dal capo d’istituto. Tale tempo non include la preparazione e la correzione dei compiti. Una classe docente impiegatizia, trasversalmente conservatrice, egocentrica e gelosa dei propri piccoli o grandi privilegi, è disponibile a essere una volta tanto veramente europea con profonde e adeguate riforme? Un “bravi” a questi ragazzi!



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