Opinione
L'opinione - Delibera regionale: occasione per Paestum
Aurelio Di Matteo
17 dicembre 2012 14:49
Eye
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La vita quotidiana è stata sempre vita politica, identificata con l’agorà, con la piazza e con i problemi e le esperienze che famiglie, giovani, adulti e anziani affrontano ogni giorno. E nella vita quotidiana la cultura era di casa perché, al pari della politica, s’identificava con essa nelle sue varie forme. È da qualche tempo che la cultura ha lasciato la vita quotidiana. Nello stesso tempo la politica si è allontanata dalla vita quotidiana e, di conseguenza, la cultura è diventata “una cosa che non si mangia”, emarginata in spazi lontani dal vissuto, Musei, Mostre, Siti archeologici, Pinacoteche, Biblioteche e quant’altro. Se di tanto in tanto, pur sempre d’obbligo, se ne trova traccia nelle aule scolastiche, è lecito parlare di miracolo. In coincidenza con questa separazione si è registrato un decremento del numero di visitatori dei luoghi deputati a essere “siti culturali” o genericamente denominati “beni culturali”. Un esempio concreto sono il Museo di Paestum e la relativa Area archeologica che progerssivamente contano sempre meno ingressi, con cifre in assoluto irrisorie se riferite a un sito UNESCO unico al mondo.
Perché questa premessa? Perché dopo decenni giunge una buona notizia dalla Giunta regionale di Caldoro, che a differenza di altri politici né grida, né fa il teopompo, né si riempe la bocca di cultura, ma produce atti e finanziamenti reali. Mi riferisco all’Avviso pubblico finalizzato alla definizione di un Piano Regionale di Intervento costituito da specifiche Proposte Progettuali che perseguano la valorizzazione, la conservazione, la gestione e la fruizione del patrimonio di interesse storico, artistico, architettonico e paesistico afferenti ad aree suscettibili di valorizzazione e gestione integrate, ai fini dell’incremento dell’offerta turistica campana. Già nella motivazione dell’intervento e nella caratterizzazione delle “aree afferenti” c’è una proposta che dovrebbe evitare gli errori commessi nel passato anche recente, quando si sono attivate iniziative per valorizzare i beni culturali e risolte, purtroppo, con sprechi di risorse senza risultati per lo sviluppo di un territorio attraverso un incremento dei flussi turistici. Si sono promossi interventi centrati su grosse mostre, eventi straordinari e costosi, fatti passare per attrattori, ma i flussi turistici sono sempre più diminuiti. C’è bisogno che la cultura ritorni nella quotidianità, divenga patrimonio di una Comunità, costume civico e sviluppo socio-economico. Il finanziamento messo a disposizione dalla Regione Campania (trentaseimilioni di euro) può essere l’occasione per risollevare lo stato in cui versa l’Area archeologica di Paestum e promuovere un concreto sviluppo del territorio. La condizione è che nella proposta progettuale si raccolga l’indicazione del bando che fa esplicito riferimento a soluzioni “integrate” soprattutto nel momento della gestione. Nella prospettiva della valorizzazione integrata diventa necessaria una governance gestionale di “sistema” che coinvolga non soltanto più soggetti pubblici (Comune, MIBAC), ma anche privati cointeressati alla complessiva tutela delle eccellenze e tipicità del territorio. E su Capaccio c’è solo l’imbarazzo della scelta! Un tale modello di sviluppo e di gestione è anche previsto proprio dal “Codice dei beni culturali e paesaggistici” del 2004, che testualmente recita al comma 3) dell’art. 6 ”La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale” e all’art. 111” Le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti…..A tali attività possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati”. Prevedere nell’ipotesi progettuale un tipo di “governance integrata” significa soprattutto coinvolgere la molteplicità di risorse del territorio, materiali e culturali, nel concreto processo di tutela e valorizzazione al fine sia di ridurre i costi gestionali, sia per rendere più efficaci e produttivi i processi attivati, sia per consentire la partecipazione della Comunità, sia per estendere i risultati di sviluppo all’intera economia del territorio. Affinchè il patrimonio culturale diventi uno strumento di sviluppo compatibile e durevole, come espresso nelle finalità della Delibera regionale, è necessario che la progettualità sia rivolta ad una valorizzazione multidimensionale, includendo quella che oggi viene chiamata “cittadinanza attiva” e promuovendo una partecipazione consapevole; che sia rivolta non soltanto ai cosiddetti “beni culturali”, ma a tutte le risorse che esprimono le tipicità che la storia ha sedimentato nel territorio; che coinvolga, attraverso un sistema di gestione integrata, tutti i portatori di interesse che vivono e operano nel territorio. Attarverso una progettualità integrata si possono promuovere politiche di gestione allargate a tutte le presenze culturali, materiali e immateriali, ora ignorate o abbandonate, che siano, da un lato, sollecitazioni al nuovo turismo intellettuale, coniugato con quello sociale, religioso o enogastronomico e, dall’altro, promozione dell’identità di un luogo e di una comunità. Casualmente quest’anno è stato il quarantesimo dalla famosa Convenzione con la quale l’UNESCO lanciò la lista del patrimonio mondiale dell’umanità. Sarebbe cosa anche opportuna che il marchio Unesco, del quale può fregiarsi l’Area archeologica di Paestum, fosse coniugato in marchio collettivo per certificare la valenza e la qualità culturale del territorio, che esso fosse rivolto, come ha proposto Walter Santagata, a fregiare e valorizzare attività, impropriamente definite commerciali, ma connesse all’identità culturale di un integrato e complessivo Distretto culturale. Ciò che è rivolto a dare sviluppo sociale e qualità al vissuto quotidiano di un territorio non è mai operazione commerciale, ma altamente culturale perché riporta la cultura nel suo luogo naturale e più proprio, nell’agorà e nella vita quotidiana. E forse potrebbe servire a ripristinare l’antico e normale rapporto tra politica e vita quotidiana, valorizzando un patrimonio culturale unico e rivitalizzando un’economia legata ai flussi turistici.


prof. Aurelio Di Matteo



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