AGROPOLI. Sulla scorta di una nuova indagine condotta dalla Procura di Napoli Nord, culminata ieri con il sequestro preventivo di crediti d’imposta fittizi per 31 milioni di euro a carico di 44 soggetti in tutta Italia, accusati di truffa ai danni dello Stato e reimpiego di proventi illeciti, è emerso il coinvolgimento ed un importante retroscena sulla fuga dorata, negli Emirati Arabi Uniti, di Concordio Malandrino (nella foto), il noto imprenditore cilentano destinatario di due ordinanze di carcerazione per plurimi e milionari reati fiscali perpetrati utilizzando sofisticate schermature finanziarie, triangolazioni societarie all’estero, truffe aggravate, frodi carosello, attività fantasma e prestanome conniventi.
ARRESTATO A DUBAI - Da fonti qualificate raggiunte da StileTV si apprende infatti che, a fine marzo scorso, Malandrino è stato rintracciato, identificato e posto in stato di detenzione (seppur per meno di 24 ore) dagli agenti dell’Anticrimine di Abu Dhabi, in esecuzione di due mandati d’arresto internazionali spiccati, a suo carico, dalle Procure di Palermo e Vallo della Lucania, d’intesa con la Procura europea delegata dell’EPPO (European Public Prosecutor’s Office). Contestualmente, le autorità locali hanno avviato il processo di estradizione: in attesa dell’esito Malandrino, cui è stato ritirato il passaporto, è stato sottoposto ad obbligo di dimora, a Dubai, a fronte del pagamento di una cauzione, il cui importo non è stato rivelato, per evitare la carcerazione preventiva. Dunque, il suo status non è più quello di latitante o irreperibile: le autorità arabe ed italiane, ora, sanno benissimo dove trovarlo. A meno che non fugga ancora altrove... ma, in quel caso, finirebbe dopo un secondo nella Red Notice dell’Interpol tra i latitanti ricercati in tutto il mondo.
PRESUNZIONE D’INNOCENZA - Nonostante i numerosi procedimenti penali pendenti, è doveroso precisare che per Malandrino vale la presunzione d’innocenza fino ad eventuali sentenze di condanna definitive ed irrevocabili. Anche l’estradizione dovrebbe avere un’evoluzione burocratica lunga, complessa e imprevedibile. L’imprenditore salernitano, inoltre, può vantare capitali enormi accumulati negli anni, potendosi così permettere un pool di avvocati di prim’ordine e di versare cauzioni, anche salate, per evitare di fine in cella.
UNA VITA DA FILM - Oltre a sfoggiare orologi di lusso e supercar, ha un debole per la sua pizza preferita: quella con caviale Beluga, foglie d’oro zecchino e burrata, servita nei suoi locali per vip. Ad Agropoli, dove aveva impiantato molti dei suoi business borderline e vive la sua famiglia, ci sarebbe tuttora il nucleo operativo dei suoi affari. E in città c’è chi lo definisce un genio, del crimine o dell’alta finanza, a seconda delle vedute: pare che, negli Emirati, assicuri anche posti di lavoro ben remunerati ad alcuni compaesani, attirati dai riflessi della sua vita da nababbo. A Dubai, dove lo ha raggiunto anche la moglie, ha acquisito un cospicuo patrimonio immobiliare e aperto ristoranti.
I PROBLEMI CON LA LEGGE - Insieme a quella siciliana e cilentana, il 55enne è indagato anche dalle procure di Benevento, Brindisi e Napoli Nord in diverse inchieste, tutte sostanzialmente per frodi multimilionarie: inoltre, pare che in Italia debba già scontare una condanna definitiva per bancarotta fraudolenta, fattore che complicherebbe non poco la sua posizione, anche alla luce della recente ratifica del trattato di estradizione Italia-Emirati Arabi Uniti, che ha intensificato la cooperazione giudiziaria, in materia penale, tra i due Stati.
L’INCHIESTA DA 1,7 MILIARDI DELLA PROCURA DI NAPOLI NORD - La Guardia di Finanza di Frattamaggiore, su delega dei magistrati partenopei, ha eseguito ieri il sequestro d’urgenza dei crediti d’imposta fittizi scovati nei cassetti fiscali di circa 50 società, ubicate in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Molise e Abruzzo, evitandone l’indebita compensazione per la strabiliante cifra complessiva di 1 miliardo e 700 milioni di euro, afferenti “investimenti nel Mezzogiorno” in realtà mai eseguiti. Nei guai sono finite 44 persone.
La Procura di Napoli Nord ha scoperto, inoltre, come diversi soggetti abbiano simulato l’acquisto di sofisticati software, utili alla creazione di blockchain aziendali per la condivisione sicura dei propri dati informatici in rete, da una società londinese amministrata da Concordio Malandrino, che allo stesso tempo sarebbe a capo di un’altra società, con sede a Dubai, che produce proprio i software poi rivenduti dall’impresa britannica. Insomma Malandrino sarebbe ancora il regista di ciò che in lingua inglese viene definita una ‘holding’ ma che, per gli inquirenti di mezza Italia, si traduce in ‘scatole cinesi’.