CAPACCIO PAESTUM. Si complica la posizione di 7 indagati nell’ambito della nota inchiesta sui presunti appalti pilotati al Comune di Capaccio Paestum e alla Provincia di Salerno, relativamente alle gare per la Fondovalle Calore, l'Aversana ed il sottopasso ferroviario di Paestum. La Procura della Repubblica di Salerno, infatti, oltre al reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente in concorso, contesta ora anche l'aggravante dell'associazione per delinquere (art. 416 c.p.), finalizzata alla contaminazione di procedure ad evidenza pubblica, a carico di: Franco Alfieri, sindaco e presidente della Provincia sospeso dalle funzioni e ristretto ai domiciliari; Andrea Campanile, anche lui ai domiciliari ma dimessosi dallo staff; Luca Cascone, presidente della Commissione Trasporti e consigliere regionale; il funzionario provinciale Michele Angelo Lizio, che ha lasciato l’incarico di Rup; i funzionari comunali Federica Turi e Giovanni Vito Bello; l’imprenditore cilentano Nicola Aulisio.
Lo si apprende dal nuovo decreto di sequestro probatorio urgente, disposto ieri dai sostituti procuratori Stefania Faiella e Alessandro Di Vico, con il visto del procuratore capo Giuseppe Borrelli, relativo ai cellulari, notebook, iPad e supporti informatici di proprietà degli indagati, già sequestrati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria il 15 ottobre scorso. Il provvedimento si è reso necessario a seguito di una “complessa valutazione delle emergenze investigative e da successive attività d’indagine condotte dalla Guardia di Finanza di Salerno”, che ha innescato la necessità di analizzare i dispositivi sequestrati anche in relazione all’ipotizzato vincolo associativo.
RESE NOTE LE MOTIVAZIONI DEL RIESAME - Intanto si apprende che, nelle motivazioni di rigetto della richiesta di revoca delle misure cautelari, i giudici del Riesame hanno descritto gli indagati attinti come un “articolato gruppo criminale”, connotato da una “persistente e concorde volontà di ciascuno di continuare a farne parte”, rendendo necessaria la detenzione per “impedire contatti di qualsiasi tipologia tra loro onde evitare il procastinarsi di condotte analoghe”, anche in virtù del fatto che “nessuno dei protagonisti ha in concreto dismesso il ruolo nell’esercizio del quale le condotte delittuose sono state compiute”. Nello specifico, tali motivazioni si riferiscono alle richieste presentate dai legali difensori di Franco ed Elvira Alfieri, Andrea Campanile, Vittorio De Rosa, Alfonso D'Auria e Carmine Greco.
Ad Alfieri, in particolare, è stato concesso di lasciare il carcere in quanto “non esistono elementi da far pensare che possa sottrarsi alle restrizioni previste agli arresti domiciliari”, anche perché è stato disposto contestuale distacco di tutte le reti telefoniche e telematiche presso la sua abitazione in Torchiara (Sa). Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, infine, Alfieri avrebbe ammesso di aver redatto un atto falso “per il bene della collettività” e non per interessi personali, ovvero per non perdere un finanziamento regionale, nell’attestare la gestione in house della pubblica illuminazione.