NAPOLI. In Campania Legambiente torna a puntare i riflettori sul metano disperso nell’aria, presentando i nuovi dati raccolti durante la terza tappa della campagna nazionale “C’è puzza di gas – Per il futuro del pianeta non tapparti il naso”. Il 5 e 6 maggio scorsi, l’associazione ambientalista ha monitorato dieci infrastrutture regionali del gas, facendo una prima valutazione su 39 elementi grazie al “naso elettronico”, un avanzato strumento di rilevazione. L’analisi si è poi concentrata su 18 elementi specifici, e in 16 di questi sono state registrate concentrazioni rilevanti di metano.
I risultati dei controlli mirati sui dieci impianti campani sono stati presentati oggi a Napoli presso il Complesso Universitario di Monte Sant’Angelo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, nell’ambito di un convegno organizzato da Legambiente in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Chimiche. Il dettaglio dei punti di emissione rilevanti. Il monitoraggio di Legambiente è partito da Casavatore (Napoli), presso una stazione di valvola dove sono state registrate concentrazioni di metano molto variabili, da 110 fino a 35.378 ppm*m, con una media di 4.857 ppm*m. Nella stessa zona, l'associazione ambientalista ha controllato anche un impianto di regolazione e misura (REMI), dove tre flange hanno mostrato valori tra 111 e 382 ppm*m, con una media di 157 ppm*m.
Spostandosi dalla provincia di Napoli a quella di Caserta, la situazione resta preoccupante. Ad Aversa, due flange dell’impianto REMI hanno segnato valori tra 110 e 512 ppm*m, con una media di 196 ppm*m. Cinque sfiati nello stesso impianto hanno toccato punte di 28.098 ppm*m, con una media di 2.285 ppm*m. A Lusciano, una valvola ha registrato valori tra 110 e 541 ppm*m (media 247 ppm*m), mentre tre flange hanno raggiunto i 730 ppm*m (media 229 ppm*m).
A Teverola, le emissioni sono risultate particolarmente elevate. Due flange dell’impianto REMI hanno mostrato una media di 1.211 ppm*m, mentre cinque sfiati sono arrivati a una media di 2.777 ppm*m. Ancora più alte le concentrazioni nella stazione di valvola: una flangia ha toccato i 5.296 ppm*m di media. Anche a Capodrise la situazione è critica: tre sfiati di un impianto REMI hanno registrato una media di 4.211 ppm*m, con picchi di 37.383 ppm*m. Una flangia nella vicina stazione di valvola ha segnato una media di 2.924 ppm*m.
Infine, a Maddaloni, dove già nel 2023 erano stati segnalati numerosi punti critici, il nuovo monitoraggio ha confermato perdite importanti: concentrazioni medie di 415 ppm*m in quattro flange, 343 ppm*m in altre quattro, 685 ppm*m in uno sfiato e 213 ppm*m presso un serbatoio.
“I dati rilevati dai nostri monitoraggi evidenziano ancora una volta che il nostro Paese deve ancora affrontare un lungo e complesso percorso per ridurre, fino ad azzerare, le emissioni fuggitive” - dichiara Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia Legambiente - “Queste emissioni, derivanti da pratiche che dovrebbero verificarsi solo eccezionalmente, come i rilasci volontari (venting), o da carenze nei controlli e nella manutenzione, ad esempio le dispersioni dalle flange, non dovrebbero in alcun caso essere presenti, indipendentemente dalla loro entità. Per questo non solo è necessario che il nostro Paese rispetti quanto già previsto dal nuovo regolamento europeo, osservando tutte le scadenze previste, ma arrivi ad approvare regole più stringenti di verifica e intervento, visto che parliamo di un gas fino a 86 volte più climalterante della CO₂. Non solo, vogliamo ricordare al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che siamo ancora in attesa di una risposta alla nostra richiesta di far parte del tavolo tecnico istituzionale.”
“Per accompagnare davvero la transizione ecologica è necessario rivedere le attuali scelte energetiche che continuano a puntare sul gas, rallentando lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel Paese” - dichiara la direttrice di Legambiente Campania, Francesca Ferro - “Le recenti rilevazioni sulle emissioni di metano dalle infrastrutture campane mostrano la necessità di una maggiore attenzione e di regole più chiare. Investire nelle energie pulite significa non solo ridurre l’impatto ambientale, ma anche favorire maggiore stabilità nei costi energetici per famiglie e imprese.”
L’Italia non solo sta contribuendo poco all’obiettivo del Global Methane Pledge - che prevede la riduzione delle emissioni di metano di almeno il 30% entro il 2030 - ma è anche in ritardo sulla tabella di marcia contenuta nel Regolamento europeo sulle emissioni di metano nel settore energetico. Il nostro Paese non ha rispettato la scadenza del 5 febbraio scorso, entro cui avrebbe dovuto individuare le autorità competenti per i diversi ambiti di intervento per la riduzione delle emissioni di metano, insieme a quella del 5 maggio, termine entro il quale gli operatori del settore energetico avrebbero dovuto presentare il loro piano di indagine di Rilevamento e Riparazione delle Perdite presso le autorità competenti.
Il metano, un rischio per il clima e la salute. Il metano contribuisce significativamente al riscaldamento globale, questo infatti ha un potere climalterante, nei primi 20 anni, fino a 86 volte più forte della CO2. Non a caso l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) valuta che a questo gas è attribuibile oltre un terzo del riscaldamento globale e lo inserisce come terzo strumento, dopo solare ed eolico, in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici, per costi ed efficacia. La riduzione delle emissioni di metano è infatti cruciale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, con benefici rapidi sul clima. Le dispersioni del gas serra lungo la rete di distribuzione non solo sprecano risorse, ma generano ozono troposferico, che causa malattie respiratorie e mortalità prematura. Ridurre l'ozono potrebbe prevenire 70.000 morti premature all’anno nell'UE e salvaguardare le coltivazioni agricole, evitando danni per 2 miliardi di euro.
La campagna nazionale di Legambiente “C’è puzza di gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, realizzata quest’anno grazie al supporto di Environmental Investigation Agency nell’ambito della Methane Matters Coalition, denuncia i rischi legati all'estrazione e alla distribuzione di gas fossile in Italia, evidenziando le perdite e i rilasci di metano attraverso monitoraggi delle infrastrutture della filiera. Giunta alla sua terza edizione, l’iniziativa punta a promuovere una maggiore trasparenza, controlli più severi, interventi su tutte le perdite e l’eliminazione dei costi in bolletta per le famiglie, considerando che secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel 2024 il 30% delle emissioni globali di metano legate alle fonti fossili avrebbe potuto essere evitato a costo netto zero, favorendo al tempo stesso la transizione verso fonti energetiche più sostenibili. Dopo la Basilicata, il Piemonte e la Campania la campagna proseguirà con altre cinque tappe nelle Marche, Lombardia, Veneto, Umbria e Calabria.
Nota metodologica. Tutti i monitoraggi sono stati effettuati tra il 5 e il 6 maggio 2025 attraverso l'uso di un “naso elettronico” che sfrutta le caratteristiche del metano assorbendo il raggio laser (a infrarossi) di una specifica lunghezza d'onda (tecnologia di assorbimento a infrarossi). Il raggio laser diretto su bersagli, come tubature del gas, riflette un raggio diffuso dal bersaglio, ricevuto dallo strumento come fascio riflesso che misurerà l'assorbenza del fascio, che sarà poi calcolata in densità della colonna di metano (parti per milione per metro – ppm*m).