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5 DICEMBRE
5 DICEMBRE
Teggiano, al Castello Macchiaroli va in scena lo spettacolo "Traccia di mamma"
Comunicato Stampa
02 dicembre 2025 17:03
Eye
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TEGGIANO. Prosegue il viaggio immaginifico della rassegna “Il Gioco Serio del Teatro – Il filo fragile e indispensabile della cultura” con la direzione artistica di Antonello De Rosa, promossa da Scena Teatro Management, con la direzione organizzativa di Pasquale Petrosino. Dopo il successo dei primi due spettacoli, nuovo appuntamento venerdì 5 dicembre 2025 alle ore 20.30 al Castello Macchiaroli di Teggiano, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (Salerno). Le stanze dell’antica fortezza, le cui prime tracce sono risalenti al XII secolo, sono pronte ad animarsi con “Traccia di mamma”, spettacolo scritto diretto ed interpretato da Antonello De Rosa, che torna ad indagare l’essere umano. “Traccia di Mamma” racconta il lento e implacabile tormento di una donna smarrita nel labirinto della sua mente offuscata. Una donna alla deriva, schiacciata dalla follia e dalla memoria, da ricordi spesso abbaglianti, dal dolore di una perdita assurda e maledetta, affaticata da un ruolo e da una vocazione, da un’allucinazione che crede vera e reale e in cui continuamente si perde. «Le mie donne si consumano in silenzio, carnefici e vittime, luce e oscurità, trascinandosi per strade strette e buie e malinconicamente lunghe, senza orizzonti, ignorando l’alba, i tramonti, il mare – sottolinea il regista Antonello De Rosa – In una scenografia essenziale, attraverso un sapiente gioco di luci, prende vita la parola, assaporata e restituita con forza nuova, rivissuta nella sua brutale dolcezza e nella sua morbida crudezza». E si odono le voci di donne, di una donna che incarna tutte le altre, nelle righe sofferte di solo due dei quattro monologhi previsti: mischiate, confuse, immerse in una rete di simboli e segni, che diventano un vero e proprio collante tra l’immagine e la parola, tra il gesto e il senso. Una pazza che crede di essere la Madonna, una donna sola che trova nel telefono l’unica salvezza e una madre che scopre con orrore la gravidanza della figlia. La follia che spinge la donna in una tunica che è una camicia di forza e in una camicia di forza che è una tunica, tra lo sfavillio dei paramenti sacri, è senz’altro scandalosa, ma ciò che rende inquietante questa figura è la sua inossidabile ostilità all’ipocrisia. La vicenda si gioca tutta sulla trama delle affinità e dei contrasti: la maternità di Adriana e quella della pazza del manicomio nascono da un’insaziabile e avida fame d’amore, ma vengono rifiutate e calpestate da chi vive la religione come superstizione stancamente reiterata; la donna che ripudia sua figlia, al punto da imporle il suicidio, rivela con inaudita ferocia il lato oscuro dell’essere madre, l’incapacità di perdonare, agli altri e a se stessi. Non resta che un groviglio inestricabile di rabbia sacrilega e follia irriverente, su cui domina implacabile l’immagine di una Madonna-Bambola, cui spetta l’ingrato compito di farsi adorare da un’umanità che fa scempio dell’amore. La maternità, l’amore, la follia, gli stereotipi, la salute mentale, l’equilibrio complesso dell’essere umano di trovare un senso alla realtà emergono con forza nel lavoro di Antonello De Rosa. Un teatro dal risvolto psicologico, con una performance intensa e una drammaturgia densa, che cattura lo spettatore, lo avvolge e lo destruttura, aprendo nuovi orizzonti e stimolando a riappropriarsi del suo sentire, contro l’omologazione e la massificazione dei sentimenti di un’umanità sospesa. Teatro di parola, di impegno civile, di denuncia sociale contro l’indifferenza. «Antonello è ambasciatore del teatro sociale nel mondo. Traccia di Mamma avrà un impatto fortissimo – insiste Pasquale Petrosino – la scenografia ridotta all’essenziale e, di contro, la sua immagine che domina, capace di attraversare stati d’animo contradditori, di calarsi nella realtà e di reinterpretarla mettendo in scena i contrasti dei personaggi, immergendosi nella profondità e nelle stratificazioni dell’essere umano. Non si può rimanere indifferenti alla sua arte: sa far piangere, ridere, commuovere, sorridere, ma di un sorriso amaro che cela dolore, malinconia, rabbia, paura, felicità. Lo spettatore entra nella scena, la vive ed ogni volta è un’esperienza quasi catartica: è capace di illuminare le fragilità della condizione umana e della contemporaneità e, allo stesso tempo, la grandiosa bellezza della vita e il senso dello stupore. Come diceva Jacques Copeau “il teatro non nasce laddove la vita è piena, ma nasce dalle ferite, dai vuoti”: Antonello De Rosa indaga le lacerazioni, le emozioni più autentiche e dà forma a ciò che è inespresso».



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