“Il sacerdozio non può mai rappresentare un modo per raggiungere la sicurezza nella vita o per conquistarsi una posizione sociale. Chi aspira al sacerdozio per un accrescimento del proprio prestigio e potere personale, ha frainteso alla radice il senso di questo Ministero”. Con questo monito, papa Benedetto XVI ha aperto la recente messa tenutasi in San Pietro per l’ordinazione di 14 nuovi preti della diocesi di Roma, in chiaro riferimento alle inchieste sull’attività dell’ex Propaganda Fide che hanno travolto il cardinale Crescenzio Sepe, indagato per corruzione sulla base di un presunto, sospetto uso politico ed improprio dei beni della Chiesa.
Da cattolico credente quale sono, mi auguro che ’a Maronna l’accumpagni, come lo stesso Sepe ripete ai fedeli al termine di ogni celebrazione religiosa. Da giornalista, però, mi soffermo a riflettere su una lunga serie di strane coincidenze: (solo) in Campania, infatti, quella di finire coinvolti in processi giudiziari sembra essere un vezzo per gli uomini di chiesa più influenti, quasi come se fossero pervasi tutti dallo stesso morbo.
A Salerno, il vescovo Gerardo Pierro, pochi giorni prima di essere sostituito da mons. Luigi Moretti, pare sia caduto nella medesima tentazione, visto che è stato rinviato a giudizio per truffa aggravata ai danni dello Stato, falso ed abuso edilizio: è accusato di aver trasformato l’Angellara Home da colonia per ferie destinata a persone bisognose in albergo di lusso per ricconi vacanzieri, il tutto grazie ad un finanziamento di 2,5 mln di euro ottenuto dalla Regione. In più, è passato per vanesio spendaccione per aver fatto erigere una statua nel seminario di Pontecagnano... raffigurante se stesso. Esposto al pubblico ludibrio, Pierro si è giustificato dicendo “non ne sapevo nulla”, scimmiottando l’ex ministro Scajola il quale, nel dimettersi, urlò alla stampa sdegnato (sic!) che qualcuno gli aveva pagato la casa a sua insaputa!
Anche nel Cilento, il morbo ecclesiastico ha colpito ancora, precisamente il potente vescovo della diocesi di Vallo della Lucania, mons. Giuseppe Rocco Favale, indagato per abuso d’ufficio e falso nell’utilizzo di fondi statali (ex legge 219) per la ricostruzione del convento di San Francesco a Centola: prosciolto dai capi d’imputazione nel 2006, attraverso una pubblica lettera ai fedeli accusò il presidente del Tribunale di Vallo che curò l’inchiesta, Claudio Tringali, di “accanimento giudiziario” nei suoi confronti e di aver utilizzato procedure illecite nella trasmissione degli atti alla procura di Salerno; Tringali lo querelò e, nel 2009, Favale fu condannato dalla V sezione del Tribunale di Napoli al risarcimento di 600 euro per diffamazione (pena poi sospesa).
Vogliamo ancora ragionare in termini di semplici coincidenze? Vogliamo continuare ad offendere la nostra intelligenza? No? Allora sentite un po’: mons. Favale, prima di prendere in mano la curia cilentana, è stato segretario personale del cardinale Michele Giordano, anch’egli indagato, condannato e poi assolto, nel 2005, per reati connessi all’abuso edilizio e all’usura, nonché predecessore di Sepe a Napoli... Orbene, come direbbe Giulio Andreotti (uno che se ne intende di processi), a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca! Dunque, che facciamo? Da buoni cattolici lo perdoniamo, il nostro vescovo?
In fondo, dopo 21 anni, mons. Favale è ormai costretto ad andarsene: oggi 11 luglio, infatti, compie 75 anni e, per sopraggiunti limiti d’età, dovrà rassegnare le dimissioni e lasciare al successore il patrimonio costruito nel nome della Provvidenza. Ovvero: un cineteatro super attrezzato (La Provvidenza), un ristorante di lusso (Il Sinodo) e un Istituto di Alta Formazione Musicale che porta il suo nome. Tutti rigorosamente a pagamento. Il cineteatro è aperto a tutti, associazioni, politici, convegni: avrebbero voluto utilizzarlo anche alcuni enti, ma non se n’è fatto nulla per disaccordi sull’affitto... Anche Il Sinodo ha una mensa al piano terra per i poveri: peccato che funzioni a singhiozzo, mentre l’elegante ristorante al primo piano va alla grande e si mangia pure bene... nonostante i prezzi un po’ cari, dicono. Il suo omonimo Istituto d’Alta Formazione Musicale, con sedi a Vallo ed Albanella, è alto anche nei costi: 500 euro la tassa d’iscrizione più 500 euro all’anno (se la famiglia dello studente ha un reddito inferiore ai 30mila euro), altrimenti ce ne vogliono 700. E c’è anche la mora (50 euro) per chi paga in ritardo... Curioso e ricorrente il particolare dei 500 euro: tanto chiede(va) sua Eccellenza per officiare messe e dispensare benedizioni con la sua presenza.
Per carità (no, per carità proprio non direi...) è vero anche che ha ristrutturato molte chiese e parrocchie lesionate dal terremoto del 1980 e dal tempo. Tuttavia, pare che siano state sempre le stesse ditte a fare i lavori, una cricca chiusa e privilegiata che, sulla fiducia del presule, ha campato bene di rendita.
E come non ricordare alcune memorabili uscite pubbliche di mons. Favale: “Non è uno spreco di denaro pubblico? Beati loro che hanno tanti soldi!” (al sindaco Franco Alfieri quando apprese che avrebbe realizzato un palazzetto dello sport anche ad Agropoli dopo quello di Torchiara, due minacce per il suo teatro vallese); “Immorale tanti soldi alla Tatangelo, una convivente” (al Comitato festa di Vallo per il cachet pagato alla cantante, quando poi alla Provvidenza si esibì poco dopo Ornella Muti, icona dei film osé degli anni ‘80) e “Sono cose delicate, bisogna evitare giudizi affrettati” (sui presunti abusi sessuali di suor Soledad in un asilo di Vallo). Dulcis in fundo, un narcisistico delirio di onnipotenza: la vistosa maiolica, realizzata coi soldi dei fedeli, apposta sulla facciata della sede della diocesi cilentana, raffigurante tutti insieme Gesù Cristo, papa Giovanni Paolo II e... lui stesso! Non vi sembra troppo?
Comunque sia, per mons. Favale è giunta l’ora di congedarsi (il suo predecessore, mons. Giuseppe Casale, quando andò via lo fece con 3 tir di merce al seguito, narrano i vallesi).
Non so quanti lo rimpiangeranno (a parte la cricca) e cosa gli mancherà di più (beni immobili esclusi), ma di sicuro ad attenderlo c’è una pensione dorata come il sole del Brasile... dove si ritirerà, a quanto pare, nel mega complesso edificato dalle suore Francescane Missionarie di Gesù Crocifisso, guidate da madre Elisabetta Favale (sorella del nostro vescovo), che comprende una scuola per l’infanzia con oltre 140 bambini poveri, un oratorio per giovani in difficoltà e una casa che accoglie ragazze per l’avviamento al noviziato. Cosa farà lontano dal Cilento? Sono affari di famiglia. Addio, monsignore.