CAPACCIO. Se ne è andato di domenica. Il giorno nel quale per decenni si è dedicato alla sua grande passione, il calcio, che nella vita di Antonio Di Sessa, conosciuto da tutti come “Muchacho” rivestiva un ruolo che andava oltre una semplice pratica sportiva. Nel 2003, infatti, il Coni lo insignì del prestigioso riconoscimento che premia l’attività di chi per oltre vent’anni svolge un’attività dirigenziale nelle società calcistiche. Significherà qualcosa il fatto che oggi pomeriggio, durante i suoi funerali, prima di giungere alla chiesa di San Vito a Capaccio Scalo, il suo feretro passerà dinanzi al “Mario Vecchio”, luogo assieme a tutti gli altri campi di calcio cittadini dove la presenza del “Muchacho” era immancabile. Nel ruolo, all’interno degli staff, ricoperto nelle società. La Poseidon su tutte. Ma anche la Calpazio. Ed un coro unanime nel ricordarlo oggi, nel giorno della sua morte: “Persona perbene, sempre disponibile con tutti, mai sopra le righe”. Una vita spesa per il calcio, quella di Antonio Di Sessa, ad allevare leve calcistiche ma anche futuri componenti societari: “La sua vita era il calcio – afferma un altro pezzo storico della Poseidon, il patron per eccellenza Peppino Acanfora - Antonio era un fedelissimo, al di là dei risultati e di ciò che accadeva”. “Un punto di riferimento – commenta Attilio Taddeo, attuale dirigente della Calpazio – che non ha mai assunto un tono, restando semplice e cordiale come quando con la sua 126 non perdeva mai un allenamento al Vaudano e si prodigava negli anni bui della nostra casacca granata per permettere l’iscrizione in prima categoria”. Ed ancora, per Pasquale Sabia, altro pezzo storico della Poseidon, “con il Muchacho se ne va uno degli ultimi dirigenti vecchio stampo, mai invadente, nel rispetto delle sue competenze, che proponeva un modo di fare calcio diverso da quello attuale, gridato e non sempre ben condotto”. La certezza è che oggi Capaccio perde una figura insostituibile. Ciao Muchacho.