ALBANELLA. Assolto, perché il fatto non sussiste, dall’infamante accusa di abusi sessuali sulla figlioletta di appena 7 anni: fine di un incubo per G.P., imprenditore 56enne di Albanella, risucchiato in un terribile vortice giudiziario per le accuse dell’ex moglie, rivelatesi del tutto infondate in sede processuale poiché mirate, secondo i giudici, ad ottenere la custodia esclusiva della piccola. La sentenza di assoluzione con formula piena è stata emessa dal collegio giudicante della 3^ sezione penale del Tribunale di Salerno (presidente Gabriella Passaro, a latere Carla Di Filippo e Rosa Maria D’Antuono). Verdetto di primo grado che, di fatto, sgretola un castello di orribili menzogne: durante il drammatico incidente probatorio alla presenza della bambina, non convinsero nemmeno assistenti sociali e psicologi nominati in CTU. Nell’udienza finale del processo, lo stesso pm inquirente Katia Cardillo della locale Procura, nella propria requisitoria, aveva richiesto l’assoluzione piena per il 56enne albanellese, difeso dall’avv. Maria Iuliano del Foro di Salerno.
Nel 2018, l’uomo era stato rinviato a giudizio dal gip Pietro Indinnimeo del tribunale salernitano: la donna lo aveva denunciato ai carabinieri di Altavilla Silentina accusandolo di aver mostrato in più occasioni materiale pedopornografico alla bimba per indurla a subire atti sessuali, fino a molestarla direttamente sotto la doccia. Da allora, la voce si è diffusa nella comunità, un’onta alimentata dalla stessa 50enne, costata finanche il fallimento della ditta dell’imprenditore perché nessuno si fidava più di un orco, seppur presunto.
La vicenda ha inizio nel 2013, quando i due decidono di separarsi con l’affidamento condiviso della minore e l’assegnazione della casa coniugale all’ex moglie, che dopo poco inizia a spostare la bambina da una scuola all’altra, fino a trasferirsi all’estero e poi in provincia di Bologna, frequentando un nuovo compagno. Contestualmente la 50enne, affetta da epilessia, inizia ad assumere ansiolitici ed antidepressivi fino a minacciare il suicidio, creando forte preoccupazione nel padre in merito alla sicurezza ed incolumità della figlioletta, spingendolo nel 2015 a chiederne l’affidamento esclusivo, che invece ottiene la madre con la facoltà, per l’ex coniuge, di poterla vedere in giorni ed orari prestabiliti. Ma l’ex moglie finisce col sottrarre totalmente la piccina al padre, eliminando anche i contatti telefonici, inducendo G.P. a richiedere di nuovo l’affidamento esclusivo per violazione degli obblighi.
Ed è qui che la donna, per bieco rancore, inizia a sporgere una lunga serie di denunce a carico del 56enne, prima per presunti maltrattamenti, poi per omessi versamenti dell’assegno di mantenimento ed infine per abusi sessuali sulla figlia, smontate dalla difesa e rivelatesi tutte infondate e strumentali al solo fine di non vedersi togliere la figlia da giudici ed assistenti sociali. Gli stessi carabinieri di una caserma del Bolognese, dove la donna si presentò frequentemente, asserirono che “mai aveva fatto menzione di fatti di maggiore gravità, con seri dubbi circa la veridicità delle accuse prospettate”. Il clamoroso autogol avviene a fine 2016, quando ripetutamente, in netto contrasto con tutte le gravissime accuse denunciate, chiede all’ex consorte di ospitarla di nuovo, in casa sua, con la figlia. La 50enne, che tuttora ne detiene la custodia, dovrà ora rispondere di stalking giudiziario, calunnia e diffamazione, e sarà chiamata a rispondere delle proprie azioni e del proprio status psico-fisico nell’imminente udienza per la definizione del divorzio e l’affidamento della minore.