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Bellizzi, truffa alla Bper: 9 arresti, nei guai direttore e due dipendenti infedeli
Comunicato Stampa
03 novembre 2020 08:31
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BELLIZZI. Scoperta un’associazione a delinquere artefice di una grave truffa ai danni di un istituto di credito salernitano, nello specifico la filiale Bper di Bellizzi. Tra i nove responsabili, ora agli arresti domiciliari, anche un direttore di filiale. Più di 90 gli indagati per truffa, riciclaggio, autoriciclaggio e mediazione creditizia abusiva. Questa mattina, militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Salerno, diretti dal gen. di brigata Danilo Petrucelli, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale che, su richiesta della Procura alla sede, ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 9 persone. Si tratta di Amedeo Saracino, 46 anni di Salerno, direttore della filiale della banca di rilievo nazionale; del 59enne Francesco Nappo di Eboli e del 57enne Michele Del Grosso di Giffoni Sei Casali, entrambi funzionari di banca all’epoca impiegati presso la medesima sede del direttore; del 41enne Gianluca Romano di Salerno, del 51enne Massimo Maresca di Battipaglia, del 52enne Domenico Carucci di Montecorvino Pugliano, del 60enne Domenico Cerbone di Castelnuovo Cilento, del 35enne Mario ingenito di Capaccio Paestum e del 69enne Vincenzo Alfani di Montecorvino Pugliano, i rimanenti componenti del sodalizio, tutti di Salerno e provincia. Le ipotesi di reato formulate dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria, coordinati dai pm dell’Ufficio diretto dal Procuratore Capo, Giuseppe Borrelli, vanno dalla truffa al falso, al riciclaggio ed all’autoriciclaggio. Viene prefigurata, infatti, l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere, il cui unico scopo era quello di frodare l’istituto di credito, attraverso l’erogazione di finanziamenti che, una volta elargiti, venivano restituiti soltanto in minima parte. Il sistema escogitato sfruttava, dall’interno, le maglie larghe delle istruttorie per il credito al consumo, che nel caso di specie portava alla concessione del prestito nell’arco di 24 ore (si parla, infatti, di finanziamenti “easy”).

Ben definiti i compiti dei membri dell’organizzazione, nell’ambito della quale il direttore della filiale ed i due funzionari con lui in servizio predisponevano il carteggio necessario per autorizzare l’accreditamento delle somme, con tanto di buste paga e dichiarazioni dei redditi false, attestanti fittizi rapporti di lavoro. Altri cinque degli arrestati, invece, avevano il compito di reclutare gli pseudo clienti, persone disposte a presentarsi allo sportello per aprire il conto corrente e richiedere il prestito, che venivano assistite passo dopo passo nell’iter istruttorio e alle quali erano forniti i documenti necessari per accedere ai finanziamenti. Bisognava scegliere bene i complici ai quali proporre l’affare, chiamati a prestarsi al raggiro ai danni della banca, dietro la promessa di qualche migliaia di euro. Parliamo, perlopiù, di persone prive di fonti di reddito, talvolta senza fissa dimora, anche con precedenti penali, che mai avrebbero avuto il riconoscimento del credito, se la loro pratica non fosse stata istruita con documentazione del tutto farlocca.

Ed infatti, la gran parte dei formali beneficiari dei prestiti venivano proprio dai Comuni di residenza dei cinque incaricati di intercettarli, Salerno e altri centri della provincia, Eboli, Battipaglia, Montecorvino Pugliano e, addirittura, Castelnuovo Cilento, distante 60 km (più di un’ora di auto) dalla filiale di Bellizzi, base dell’organizzazione. Neppure sono mancati un paio di nuovi correntisti, giunti nel Salernitano direttamente dalla provincia di Napoli. Questa attività di intermediazione tra i clienti e l’istituto di credito, svolta nella totale assenza delle abilitazioni di legge, integra peraltro un’ulteriore, specifica fattispecie di delitto, sanzionata con la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 10.000 euro.

Per l’ultimo dei nove arrestati, Vincenzo Alfani, legale rappresentante di una società di comodo, è scattata la più pesante accusa di riciclaggio, in quanto si è prestato a simulare la vendita di un’autovettura per giustificare il trasferimento dei fondi concessi dalla banca, così da farne perdere definitivamente le tracce. Per non far partire subito i controlli interni, venivano adottati alcuni semplici accorgimenti, come quello di lasciare sul conto, almeno all’inizio, una giacenza minima, con cui pagare regolarmente le prime rate del rimborso. Dopo alcuni mesi, però, è arrivata una segnalazione di anomalie, direttamente dalla Direzione Centrale dell’istituto. Il responsabile della filiale si è trovato costretto quindi, suo malgrado, a denunciare alla locale Stazione dell’Arma la probabile truffa, di cui egli stesso era, in realtà, uno dei principali artefici.

Nel corso delle successive indagini, i militari delle Fiamme Gialle hanno così ricostruito che, a fronte di una novantina di finanziamenti concessi, per un’erogazione complessiva di oltre 800.000 euro, alla banca sono state rimborsate rate per neanche un decimo (meno di 80.000 euro). Considerato che agli pseudo clienti veniva lasciata grosso modo la metà delle somme, l’organizzazione ha potuto così incassare, nel brevissimo arco temporale di tre mesi, profitti illeciti nell’ordine di 350.000 euro. Nella stessa giornata, infine, sempre i Finanzieri di Salerno hanno proceduto al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di liquidità per circa 73.000 euro, nella disponibilità di tre degli indagati, nei cui confronti sono formulate anche le accuse di riciclaggio ed autoriciclaggio.



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