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DIRITTO DI REPLICA
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Capaccio, marito condannato. Legale nega botte: "Ricorreremo in Cassazione"
Redazione
11 dicembre 2022 09:27
Eye
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CAPACCIO PAESTUM. Marito condannato anche in Appello per maltrattamenti alla moglie davanti al figlioletto. L'aspra disputa tra l'ex moglie e l'ex consorte continua anche fuori dalle aule dei tribunali. Riceviamo e pubblichiamo, integralmente, la seguente nota di replica, alle dichiarazioni dell’avvocato Ciro Vicidomini della parte offesa, a firma dell’avv. Antonio Miano, legale difensore dell’imputato, un 58enne di Capaccio Paestum.

“In riferimento all’articolo in questione, chiedo una immediata rettifica dello stesso, in quanto non essendo ancora disponibili le motivazioni della sentenza d’Appello, che sarà prontamente impugnata innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, non è certo che la condanna, che si sottolinea essere stata ridotta nel secondo grado del giudizio, riguardi solamente presunte ipotesi di maltrattamenti di tipo morale o anche le "botte", come brutalmente riportato nell’articolo dal legale della parte offesa. Mi preme evidenziare, ancora una volta, che l’imputato ha sempre negato episodi di aggressioni fisiche nei confronti della moglie, le quali - peraltro - non hanno trovato riscontro negli atti processuali, in quanto nessun teste ha riferito di aver mai assistito ad aggressioni e violenze fisiche da parte dell'imputato in danno della moglie, né delle stesse ve n’è traccia nelle registrazioni effettuate di nascosto dalla stessa persona offesa e acquisite agli atti del giudizio. Parimenti va evidenziato che la persona offesa non ha prodotto in giudizio alcun referto medico che potesse dimostrare l’esistenza di lesioni conseguite ad aggressioni fisiche. È evidente che, anche in Appello, il Collegio Giudicante ha dimostrato scarso coraggio, dando credito al racconto della persona offesa e ignorando gli innumerevoli elementi che invece minavano la sua credibilità. Ciò precisato, si preannuncia ricorso in Cassazione alla pubblicazione delle motivazioni per ottenere la cancellazione della sentenza e soprattutto per ristabilire la verità dei fatti (questa volta sì!) e per far affermare il principio che non vi è automaticità tra una sporadica conflittualità familiare e reato di maltrattamenti in famiglia”.



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