CASTELLABATE. Dovrà risarcire i familiari della vittima per oltre 1.5 milioni di euro il datore di lavoro di Mario Venosa, il 45enne netturbino morto nell’estate del 2007 a Santa Maria di Castellabate a seguito ad una caduta dal camioncino per la raccolta dei rifiuti. L’ha stabilito la Prima Sezione Civile della Corte di Appello di Salerno, accogliendo le richieste della famiglia dell’uomo, difesi dall’avv. Maurizio Caterino, dopo che nel 2019 la Cassazione aveva annullato il verdetto che dichiarava prescritto il reato di omicidio colposo. Assolto, invece, l’autista del mezzo di trasporto, difeso dall’avv. Francesco Pecora.
La tragedia si consumò sul litorale cilentano 16 anni fa: originario di San Cipriano d'Aversa ma trapiantato a Castellabate, durante il servizio di raccolta, dopo aver risposto un sacchetto nel camioncino, nel ripartire Venosa scivolò battendo la testa sul pedalino di appoggio, morendo sul colpo.
I giudici del Tribunale di Vallo della Lucania condannarono in primo grado l'autista del mezzo per omicidio colposo, in concorso con il titolare della ditta, rispettivamente a 6 ed a 10 mesi di reclusione, nonché ad una provvisionale immediatamente esecutiva di circa 300mila euro in favore dei familiari, costituitisi parte civile. Successivamente, la Corte di Appello di Salerno ha emesso erroneamente una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, addirittura maturata prima della sentenza di primo grado, revocando anche la provvisionale. I giudici della Suprema Corte di Cassazione, sezione 4, hanno definitivamente annullato la decisione della Corte di Appello di Salerno, rimandando però alla Corte di Appello civile che ha poi, di fatto, condannato al risarcimento dei familiari della vittima solamente il datore di lavoro, escludendo ogni responsabilità da parte dell’autista del mezzo.