Giudiziaria
IN PRIMO GRADO
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Capaccio Paestum, morì dopo operazione allo stomaco per dimagrire: condannati due medici
Alfonso Stile
18 settembre 2024 20:56
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CAPACCIO PAESTUM. A quasi 8 anni dalla morte di Michele Alfano, avvenuta nel 2016 nella clinica ‘Cobellis’ di Vallo della Lucania, il giudice Domenico Valerio Ragucci del locale Tribunale ha emesso in serata la sentenza di primo grado del processo per il decesso del 40enne di Capaccio Paestum (Sa), avvenuto a seguito di un intervento di riduzione dello stomaco per dimagrire. 

Condanna ad 1 anno e 8 mesi di reclusione per il prof. Luigi Cobellis (medico operante e titolare della casa di cura privata) e ad 1 anno per Rocco Cimino (chirurgo) per il reato di omicidio colposo, in concorso. Assoluzione, invece, per gli altri due medici imputati: con formula piena per Giovanni Novi (di Ascea), con formula dubitativa per Luigi Angrisani(specialista esterno).

Contestualmente, oltre al risarcimento dei danni morali da stabilire in sede civile, il giudice ha condannato la casa di cura “Cobellis”, ovvero la compagnia assicurativa di cui gode, al pagamento della seguente provvisionale ai parenti della vittima: 30mila euro alla vedova e 30mila euro a ciascuno dei tre figli, oltre a 40mila euro per i genitori e 20mila euro ciascuno a fratello e sorella.

Questa mattina, nel corso dell’udienza finale, il vice procuratore onorario Barbara Visco della Procura vallese aveva chiesto 1 anno e 9 mesi per tutti i componenti dell’equipe, sostenendo, nella propria requisitoria, che la causa del decesso fosse dovuta ad un errore umano e al ritardo nelle cure prestate, successivamente, al paziente.

Presenti in aula i familiari di Alfano, parti civili nel procedimento: la moglie Irene con i tre figli adottivi ed amatissimi dal compianto Alfano, il fratello Alfonso e mamma Carmela, tutti difesi dall’avv. Pierluigi Spadafora. “Abbiamo sempre creduto nella giustizia, ritenendo che ci fossero responsabilità sanitarie evidenti per la morte del nostro amato Michele, siamo soddisfatti di questa sentenza al termine di un lungo e complesso processo, per il quale abbiamo sofferto molto, ringraziamo di cuore l'avv. Spadafora per la grande professionalità e competenza, ma anche per il sostegno morale che non ci ha fatto mai mancare in questi anni” commentano a StileTV i parenti. 

“La realtà processuale ha dato ai miei assistiti tutte le risposte per capire le cause della morte del compianto congiunto, è stato un procedimento molto doloroso, ma sotto il profilo umano e professionale siamo riusciti ad ottenere una realtà processuale coerente con le nostre tesi” aggiunge il legale. Dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, i legali dei medici potranno presentare ricorso, in Appello, avverso la condanna comminata in primo grado.

STOMACO BUCATO - Michele Alfano, 40enne di Capaccio Paestum affetto da obesità, morì nella casa di cura ‘Cobellis’ di Vallo della Lucania il 17 novembre del 2016, dopo 14 giorni di agonia, dopo essere stato sottoposto ad un intervento di chirurgia bariatrica (sleeve gastrectomy) per perdere peso.

La procura vallese dispose immediatamente il sequestro della cartella clinica, nominando il medico legale Adamo Maiese quale consulente tecnico, lo stesso che ha eseguito l’esame esterno e l’autopsia sulla salma di Alfano: durato oltre 3 ore, l’esame autoptico accertò che, a causarne la morte, fu un’infezione letale provocata da un ‘buco’ allo stomaco. 

Più precisamente, secondo il pm Vincenzo Palumbo della Procura vallese, che ha avviò le indagini per poi chiedere ed ottenere il rinvio a giudizio per i quatto imputati, accusati di omicidio colposo, in concorso, “per colpa dovuta ad imperizia, imprudenza e negligenza, consistite dapprima nel cagionare, durante l’intervento chirurgico, una fistole gastrica sulla parete postero-superiore dello stomaco e, successivamente, nel non diagnosticarne la presenza, nonostante fossero comparsi segni d’infiammazione e di peritonite nel paziente, cagionandone la morte per insufficienza multiorgano complicata da lesione gastrica e conseguente peritonite chimica nonché polmonite bilaterale”. 

Prosciolte invece da ogni accusa altre 10 persone, tra medici ed infermieri, che all’epoca dei fatti furono iscritte nel registro degli indagati come atto dovuto. 

Nella foto, l'ultimo scatto pubblicato da Michele Alfano sui social prima di entrare in sala operatoria: da allora non si è mai più ripreso, fino alla morte.



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