CAPACCIO PAESTUM. Addio a Giuseppe Marino. Riceviamo e pubblichiamo il ricordo di Oscar Nicodemo.

Il suo incedere era di un’eleganza fuori dal comune. Talvolta, nel suo percorso alternativo verso la sua dimora, passava per Piazza dei Martiri, sotto casa mia. E mi capitava di scorgerlo, nella sua camminata distinta e austera, come un uomo di altri tempi, depositario di chissà quali insegnamenti. “Peppe re ‘Nduccio”, per me, resta un titolo nobiliare, di quelli che si meritano perseguendo un’arte, usando gentilezza, riconoscendo il buono e il giusto.
La sua bottega da barbiere è sempre stata un luogo per certi versi elitario, prima di diventare in seguito un ristretto spazio romantico, dove l’aria operettistica della Capaccio del primo novecento la si poteva tagliare a fette. Giuseppe Marino appartiene di diritto alla letteratura popolare del paese, fatta di buone maniere, di sapori autentici, di intenzioni generose. Con lui se ne va un testimone genuino della tipicità ambientale e da cartolina evocata dal museo-bottega di cui era il custode naturale. E, come una pizia ai piedi di un tempio, ne interpretava l’essenza e la magia. Il signor Marino era egli stesso memoria di una collettività rurale, retta da un’ancestrale filosofia morale, madre di generazioni di uomini che sapevano vivere di essenzialità, dove ognuno aveva la propria arte e una parte nella vita comune.
Mi piace ricordarlo così, come lo sto immaginando ora, nel suo passo cadenzato, ritmico, come il Nijinsky del passeggio, col sorriso appena accennato, a indicare benevolenza. Con un quaderno sotto il braccio e le chiavi prolungate della barberia-foyer, portate nella mano come un oggetto prezioso che apre ai ricordi, all’amore per la propria terra, alla speranza di un mondo migliore.

Oscar Nicodemo