CAPACCIO PAESTUM. Il 28enne Walter De Nigris, un elettricista ebolitano residente a Borgo Carillia, ed il 46enne Martino Marino (nella foto), noto agricoltore capaccese accorso sul posto solo per dare una mano agli amici nel cantiere, morirono folgorati, il 3 agosto del 2016, mentre alzavano un lampione davanti ad una villa in costruzione in Via Gromola Varolato, a Capaccio Paestum: entrambi furono investiti ed uccisi da una terribile scarica elettrica di 20mila volts in un’area priva dei basilari requisiti di sicurezza per la tutela degli operai.
A nove anni esatti dalla tragedia, la Cassazione ha messo definitivamente fine alla triste vicenda, che scosse la comunità locale finendo arrecando un dolore incommensurabile alle famiglie delle due vittime, parte civile nei rispettivi processi. I giudici della Suprema Corte, infatti, hanno respinto il ricorso presentato dai legali di Vincenzo Alfano, il 48enne proprietario dell’abitazione che aveva commissionato i lavori, rendendo così definitiva, a suo carico, la condanna a 2 anni di reclusione, con pena sospesa ed il pagamento delle spese processali, comminatagli in Appello per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. In primo grado, il pm aveva chiesto 4 anni.
Commosso il commento della famiglia Marino, parte civile: “Ringraziamo l’avvocato Spadafora per averci sempre sostenuto, dandoci conforto e sicurezza dal primo giorno di questo lungo e doloroso processo, che oggi si conclude con una sentenza che rende giustizia al nostro caro Martino, una risposta definitiva a tutto quello che abbiamo passato, una conferma che la verità alla fine viene sempre fuori; Martino non tornerà tra noi, ma oggi il suo nome riceve rispetto e dignità, ci auguriamo che questo epilogo serva da monito per il futuro, che consoli in parte i suoi figli, affinché nessuno più, in futuro, debba patire ciò che abbiamo sofferto noi”.
Questo, invece, il commento dell’avvocato delle sorelle del compianto Martino: “Oggi la Cassazione ha scritto l’ultima parola su una vicenda processuale travagliata, che sicuramente non riporterà in vita la povera vittima restituendola all’affetto dei suoi familiari, ma che accerta la responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, e di questo non possiamo che essere soddisfatti”.
Per la morte di De Nigris, invece, finì in carcere, nel 2109, il titolare della ditta, il 70enne Donato Andreioli di Capaccio Paestum, che patteggiò una pena a 3 anni per omicidio colposo per la mancata redazione di un adeguato piano di sicurezza nel cantiere. Il figlio Felice Andreioli, anche lui ferito nell’issare il palo dell’illuminazione, fu assolto in quanto non ritenuto responsabile, di fatto, dei lavori che stava eseguendo la ditta di famiglia.