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COMUNE PARTE CIVILE CON 60 CITTADINI
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Battipaglia, cimitero in mano alla camorra: in 7 a processo
Redazione
14 gennaio 2021 15:12
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BATTIPAGLIA. Sono dieci gli indagati comparsi dinanzi al gup del Tribunale di Salerno, nel corso dell’udienza preliminare inerente il processo per la truffa del cimitero a Battipaglia, che lo scorso luglio portò all’arresto del 59enne imprenditore edile, Cosimo Melillo, ed alla sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici di due dipendenti comunali, Teodoro Loffredo, 61enne dirigente del servizio cimiteriale dell’ente civico, e Ranieri Vitale, 58enne addetto al citato servizio. I capi d’accusa nei confronti dei tre sono di corruzione, truffa aggravata e abuso d’ufficio. L’avvio del procedimento giudiziario ha registrato la costituzione di parte civile da parte del Comune di Battipaglia e di circa 60 cittadini vittime del raggiro. 

A patteggiare una condanna di un anno e 8 mesi, con pena sospesa, sono stati Vitale e un’altra indagata, mentre Melillo e Loffredo hanno scelto il rito ordinario come altri cinque indagati. 

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Salerno, svelarono uno stabile patto corruttivo tra pubblici funzionari e Melillo in danno del Comune e dei privati cittadini, indotti con l’inganno a versare somme di danaro dall’ammontare variabile per ottenere i servizi cimiteriali. A destare sospetto l’anomala presenza all’interno del camposanto cittadino dell’imprenditore, gravato da una condanna per associazione mafiosa risalente al 2008, in quanto ritenuto sodale del clan camorristico Giffoni-Noschese, all’epoca egemone sul territorio, e il fatto che quest’ultimo eseguisse la quasi totalità delle operazioni di polizia mortuaria, fuori dai formali circuiti amministrativi dell’ente locale. 

Presso il cimitero battipagliese, oltre ai due dipendenti in questione, erano assegnati diversi operai specializzati abilitati a svolgere le operazioni di polizia mortuaria, che di fatto erano inutilizzati. Nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri, è stato scoperto che i due impiegati comunali sospesi, in combutta con il Melillo, intascavano direttamente il danaro da parte dei privati, i quali, erroneamente persuasi da una temporanea indisponibilità di mezzi e dipendenti, lo versavano nelle mani del pregiudicato e dei pubblici funzionari, che ripartivano tra loro tre le somme illecitamente ottenute e sottratte all’ente locale. 



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