CAMEROTA. Terzo esposto, alla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, di Italia Nostra sulle operazioni di demolizione del costone roccioso sulla SP562 tra Marina di Camerota e Palinuro:
“Apprendiamo dai giornali e dal web che ancora in questi giorni, precisamente da sabato 19 maggio 2023, ai piedi della falesia del Mingardo nel Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in Area SIC (“Cala del Cefalo” [Cod.IT8050038]), nonché area vincolata dal Piano Paesistico del Cilento Costiero, il Sindaco di Camerota, sig. Mario Scarpitta, firmando l’ordinanza n. 20 in data 18.05.2023 ha nuovamente ripreso le demolizioni con cariche di dinamite della roccia del Mingardo. Questo nonostante le diffide della Soprintendenza a sospendere questi lavori di demolizione che furono avviati a febbraio ed in barba alla richiesta a presentare un progetto in sanatoria per acquisire le autorizzazioni paesaggistica, archeologica e ambientale mancanti. Questi i fatti principali (tratti dalla documentazione del Comune). La mattina del 6 dicembre 2022 il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune, architetto Leone, era incaricato dal Sindaco di effettuare sopralluogo per accertare l’entità del dissesto del costone roccioso posto sopra la strada del Mingardo concludendo la visita con verbale in cui segnalava la presenza di massi pericolanti sulle sporgenze del costone. Seguiva in data 18 dicembre un incontro in Prefettura con altri Enti interessati, quali la Provincia ed i Vigili del Fuoco, ma non l’Ente Parco e la Soprintendenza (segno forse che si trattava di un problema di locale pericolo). Con Ordinanza Sindacale n. 2061 del 22.12.2022, il Sindaco ordinava l’esecuzione di lavori urgenti ed indifferibili per la salvaguardia della pubblica incolumità consistenti in attività di disgaggio delle porzioni più pericolanti e prossime al crollo garantendo la sicurezza ma anche la compatibilità con il contesto paesaggistico-ambientale dell’area (ammissibile se si stava trattando di qualche pietra in fase di distacco). In data 23.12.2022 il Responsabile dell’Ufficio Tecnico individuava una Ditta disposta ad eseguire i lavori di messa in sicurezza e la invitava sul luogo per il successivo 27.12.2022 per consegnarle i lavori di “somma urgenza”. In data 27.12.2022, sul luogo presso la falesia del Mingardo viene pertanto redatto un “verbale di somma urgenza” (!?) ai sensi dell’art. 163 del D. Lgs 50 del 2016 e venivano consegnati i lavori per un importo di 133.935,00 Euro di disgaggio meccanico di circa 1500 metri cubi di roccia, ma ancora senza nemmeno una comunicazione a Soprintendenza ed Ente Parco. Quindi non disgaggi puntuali (come sarebbe nelle competenze di un piccolo Comune e secondo la procedura prescelta), ma l’asportazione di un volume massivo di centinaia di metri cubi di una remota frana, che, sotto l’aspetto geologico e morfologico, costituisce l’attuale difesa e l’equilibrio stesso di tutta la soprastante falesia! In aggiunta, il giorno 13.03.2023 con Ordinanza Sindacale n. 10 il Sindaco “notava” una ennesima situazione di pericolo incombente (parole tese a confondere e nascondere gli accadimenti) e disponeva l’uso della dinamite per fare brillare pezzi di roccia (ancora senza dare alcuna comunicazione a Soprintendenza ed Ente Parco). Venuti a conoscenza di tali accadimenti esclusivamente dai giornali, la Soprintendenza e l’Ente Parco dopo reiterate diffide atte anche a conoscere formalmente gli accadimenti (non comprendendo peraltro nemmeno le ragioni del brillamento), il 30.03.2023 ordinavano al Comune di Camerota di sospendere i lavori(misura sollecitata anche da ITALIA NOSTRA). A seguito di interlocuzioni si richiedeva al Comune l’urgente predisposizione e l’inoltro alla Soprintendenza di un progetto di restauro paesaggistico del sito inciso dalle demolizioni (si ricordano i vincoli elencati in premessa), che prevedesse gli opportuni interventi di mitigazione per l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del Codice dei Beni Culturali. Infine la sopra citata Ordinanza n. 20 del 18.05.2023 con la quale il Sindaco, dopo lo stop imposto, ordina di riprendere i lavori di demolizione con brillamento del costone, ma senza aver approntato - almeno in sanatoria e per limitare il danno - quel progetto necessario a conseguire le autorizzazioni mancanti. Quindi in 6 mesi dall’avvio delle operazioni presso un sito di inestimabile valore naturalistico, non una consulenza specializzata di una Università, né un progetto di mitigazione, ma la prosecuzione ‘tal quale’ di una c.d. “somma urgenza” ravvisata in maniera anomala il 6 dicembre 2022. Inadeguatezza ed incompetenza di un piccolo Comune che deve occuparsi di ben altre procedure tecniche? Pensiamo di sì! Incompetenza amministrativa perché l’interpretazione data dal Comune di procedura di “somma urgenza” è del tutto avulsa dalle disposizioni del Codice dei Contratti. In particolare l’art. 163 invocato dal Comune recita: “in circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, chi fra il RUP o altro tecnico dell'amministrazione competente si reca prima sul luogo può disporre la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro”. Ciò significa che il Comune avrebbe dovuto operare, nei successivi giorni del primo sopralluogo (del 6 dicembre 2022), solo disgaggi di massi pericolanti “qua e là”, ed avviare uno studio ed un progetto per migliorare la sicurezza della strada con gli Enti preposti, privilegiando soluzioni di sicurezza passiva, quali barriere paramassi nel caso peggiore. Progetto da sottoporre all’approvazione di tutti gli Enti, compreso Soprintendenza, Parco. Invece il Comune ha organizzato i lavori per mesi, invocando – sulla carta - il principio di “somma urgenza” che, a parere di ITALIA NOSTRA, è servita solo ad aggirare le autorizzazioni preposte, geologiche, archeologiche, ambientali e paesaggistiche, avviando così la demolizione di una antica frana di falesia con il conseguente indebolimento del piede della falesia stessa che oggi diventa molto più esposta e più vulnerabile a nuovi crolli. Incompetenza ed inadeguatezza tecnico-scientifica perché di fatto il Comune operando una aggressione così estesa al territorio sembra più rivolto a guadagnare maggiori spazi da offrire all’uso turistico-ricreativo, quali parcheggi e servizi per le antistanti spiagge del Mingardo (da anni la Provincia ha vietato l’uso degli spazi a monte della strada SP 562, a seguito del crollo nella discoteca “il Ciclope” sita in una vicina grotta della falesia), che tutelare prioritariamente la naturalezza ed il paesaggio di quel luogo che – pur tralasciando l’attualissimo tema della trasformazione della natura causa di annunciate tragedie - di fatto costituisce il vero attrattore turistico di Camerota e del Cilento. Tutta la falesia, infatti, è formata da coltri franose al piede che costituiscono da millenni una parte della falesia stessa, sia sotto il profilo geologico-strutturale – in quanto al tempo stesso queste coltri proteggono il piede del costone – sia sotto il profilo paesaggistico e ambientale, in quanto fanno parte del complesso della montagna. Insomma il ricorso alla “somma urgenza” che il legislatore prevede nel Codice degli appalti quale strumento per tamponare accadimenti improvvisi ed imprevedibili stride pesantemente con la reale azione che il Sindaco di Camerota ha intrapreso, ovvero l’asportazione di una frana millenaria lì presente da ben prima della costruzione della strada. Su questo ci auguriamo che la Procura faccia il suo corso e la Regione controlli il corretto uso dei materiali di risulta”.